Per anni, questa sarebbe stata una pagina quasi vuota. A metà degli anni 2010, qualche anno dopo che la nascita dei The Wonder Years a Lansdale, PA, alla band veniva chiesto di fornire una biografia per gli eventi a cui avrebbero suonato. Tutto quello che Dan Campbell scriveva era “The Wonder Years è una band”. Tutto qui. Da allora è passato molto tempo, molto è cambiato, anche se non poi così tanto, allo stesso tempo. Se i The Wonder Years, completati dai chitarristi Matt Brasch e Casey Cavaliere, dal batterista Michael Kennedy, dal bassista Josh Martin e dal tastierista/polistrumentista Nick Steinborn, potessero cavarsela con una biografia di sei parole, probabilmente lo farebbero.
Ci sono molte riflessioni sull’ultimo disco della band, “The Hum Goes On Forever”. Ma la principale è quella primissima frase della prima canzone: “I don’t want to die“. È qualcosa che ripete nell’ultima traccia “You’re The Reason I Don’t Want The World To End”, che affronta il cambiamento nello scopo di Campbell da quando è diventato padre. È abbastanza ovvio dal titolo, ma nell’ultima frase, ispirata dal fare giardinaggio con suo figlio durante la pandemia, il messaggio diventa davvero chiaro: “Lavorare, piantare un giardino, cercare di restare a galla?” È un promemoria per se stesso, ma è anche per chiunque ascolti, chiunque ne abbia bisogno, chiunque sia cresciuto con la band e abbia cercato rifugio nelle loro canzoni. Perché, sì, The Wonder Years è una band. Ma è anche molto, molto di più.
